Perché il 5 giugno?

Sono passati 40 anni da quando, il 5 giugno 1981, sul bollettino settimanale edito dai Centers for Diseases Control (CDC)*, medici di alcuni ospedali di Los Angeles segnalavano la diagnosi di polmonite da Pneumocystis Carinii in 5 soggetti maschi omosessuali, che evidenziavano contestualmente segni clinici ed esami di laboratorio suggestivi di grave deficit immunitario.
Quei medici non la sapevano, ma stavano descrivendo i primi casi di AIDS, la malattia che da lì in poi avrebbe segnato la storia della medicina moderna e contemporanea.

In questi 40 anni ne è stata fatta di strada in campo scientifico, tanto che attualmente, nei paesi in cui vi è la possibilità di avere accesso alla terapia anti HIV, l’aspettativa di vita di una persona con HIV non è poi così diversa da un pari età HIV negativo.
Ne è stata fatta così tanta di strada, che oggi si intravvede la possibilità concreta di mettere la parola fine all’AIDS: “end AIDS, HIV free”.

Ne è stata fatta così tanta di strada, che anche un’altra malattia infettiva importante, l’epatite C, che allora (1981) si chiamava NON A – NON B, ha tratto un incredibile beneficio delle tecnologie diagnostiche e terapeutiche innescate dalla pandemia AIDS, cosicchè, oggi, anche per questa patologia si può ipotizzare la parola… FINE!
Questi grandi obiettivi mondiali, queste grandi speranze, passano anche e non solo, per la diagnosi precoce ed il trattamento per tutti. Solo così si spezza, in maniera forte ed inequivocabile, la trasmissione dei due virus da un soggetto portatore ed un altro.

Benvenuti in HIV-HCV free!

* CDC. Pneumocystis pneumonia — Los Angeles. MMWR 1981; 30:250—2

 

Giancarlo Orofino,
Dirigente medico ad alta specializzazione S.C. di Malattie Infettive e Tropicali I, ASL Città di Torino.